Tangeri, la vivace

Quando cammini tra le strade di Tangeri respiri storia ovunque.
Ti sembra di avere a che fare con un’anziana signora provata dalle tante esperienze vissute. Tangeri ha accolto romani, spagnoli, francesi, inglesi, cartaginesi. Baluardo di tante culture, popoli, artisti e intellettuali.
Ha l’animo della classica città portuale crocevia di storie.
Non perdetevi una visita al Grande e piccolo Socco (souk). Se riuscite non svegliatevi tardi. E’ interessante e strano vedere le stradine del souk ancora un po’ addormentate e vuote. Mi sono divertita a fare un po’ di scatti tra le strade con le serrande ancora abbassate. Mi sembrava paradossale.

Il souk al mattino...

Il souk al mattino

Quando la merce è una e la si espone tutta

Quando la merce è una e la si espone tutta

Arrivare a Marrakech

Quando arrivi all’aeroporto di Marrakech (nel mio caso con un volo Ryanair atterrato alle 18.30 di agosto), mentre stai scendendo le scale vieni steso da un caldo rovente. Un vento bollente che sembra quasi essiccarti. Percorri a piedi i pochi metri che separano l’aereo dall’ingresso dell’aeroporto. Prendi il foglio del visto, lo compili e ti metti in fila x il controllo passaporti. Sei felice. Sei arrivato finalmente in Marocco. E in meno di 15 minuti di auto sei nel centro di Marrakech. E’ la mia seconda volta in questa città (della prima ho parlato nel post Marrakech la rossa) e, per la seconda volta, questa città rappresenta il punto di partenza del mio viaggio in Marocco.
Ci ho trascorso due notti, dormendo nel riad Jona (di cui parlerò a parte). Due giorni sono stati sufficienti, avendola già visitata, per iniziare a “respirare” nuovamente il Marocco. Marrakech, con i suoi colori e il suo tocco ormai forse un po’ snob, è perfetta per lasciarsi incantare gradualmente da questo Paese.

Aeroporto Menara

Aeroporto Menara

Tra le vie della medina

Tra le vie della medina

Piazza Jamaa el Fna

Piazza Jamaa el Fna

I marocchini, a giudicare dai baracchini nelle strade, sembrerebbero andare matti per le lumache

I marocchini, a giudicare dai baracchini nelle strade, sembrerebbero andare matti per le lumache

Risveglio in hotel

C’è una cosa che reputo ormai da tempo senza prezzo.
Una cosa banale ma che mi rende felice, leggera, soddisfatta: la colazione in hotel!
Il semplice fatto di sapere che, appena sveglia, qualcuno si prenderà cura di quello che mangerò a colazione e mi sorriderà (nonostante sia un sorriso dovuto) chiedendomi se desidero un thè o un caffè, augurandomi il buongiorno, mi fa sentire una persona appagata.
E’ come se vedessi il mondo da un’angolazione diversa dove tutti sono felici, più sereni.
Ti alzi dal letto e il cervello può permettersi di rimanere ancora spento. I neuroni sono ancora lì, assonnati, e possono godere ancora di una certa sonnolenza.
Perché non hai bisogno di dover pensare a cosa afferrare una volta che apri il frigo. Ci sono persone che, ore prima del tuo risveglio, sono a lavoro per renderti spensierata.

Melià - Milano

Melià – Milano

Una parentesi in Salento

Questo week-end ero in Salento. Una terra che mi regala sempre tanto. Il mare, il cibo, la semplicità e schiettezza dei salentini.
Una terra che mescola perfettamente l’azzurro del mare con la terra rossa bruciata che circonda i suoi ulivi secolari. Riuscire poi a visitarla a fine maggio è impagabile. Arrivi con tutta la frenesia e il ritmo accelerato che solo le grandi città (nel mio caso Roma) ti procurano e, immediatamente, il ritmo cardiaco si rasserena, il corpo e la mente si lasciano andare alla quotidianità sana e pacata che solo un posto di mare sa regalarti. Non ho mai pubblicato un post sul Salento, eppure è una terra che comincio a conoscere abbastanza bene. Dedico allora questo primo articolo ad un piccolo paese, ancora autentico, a cui sono affezionata: Porto Cesareo.
Il colore del mare qui è una tavola cromatica di azzurri e il ritmo quotidiano è ancora quello tipico dei piccoli paesi (seppur ormai in crescita a livello turistico).

Consiglio: Dopo una giornata in spiaggia, fermatevi al tramonto di fronte all’isola dei conigli.foto (8)

Dormire a Dubai

Quando parti per Dubai è perché hai già deciso di trattarti bene. Nel luogo dove l’uomo ha sfidato la natura con il suo ingegno, ti ritrovi all’interno di uno strano gioco psicologico dove a vincere è il concetto del “posso tutto”. Appena prenoti il volo già sai che vorrai sentirti un piccolo sultano, dove tutto, anche se per pochi giorni, ti è possibile. Questo è lo strano meccanismo che si innesca. Vuoi il top di tutto, perchè a Dubai il top è possibile!E tante, bisogna ammetterlo, sono le possibilità di scelta.
Sono stata pochi giorni a Dubai in inverno (sono sufficienti 3-4 giorni) e ho optato per il centro della città, il downtown, ovvero il distretto finanziario.
Tre notti allo Jumeirah Emirates Tower. Un hotel moderno,che svetta nello skyline di Dubai, buona colazione continentale e servizio impeccabile. Ero al 36° piano (vedete il post Un’insolita Dubai per capire lo spettacolo che mi si è presentato davanti agli occhi la mattina dopo il mio arrivo) e la vista è davvero unica. Guardare per credere…
https://www.jumeirah.com/en/hotels-resorts/dubai/jumeirah-emirates-towers/

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Dormire a Fès

Ho visitato Fès subito dopo Marrakech e avevo voglia di trovare un posto in cui sentirmi “a casa”. La nostra guida marocchina si è data da fare (e anche bene) e ci ha prenotato una camera in questo piccolo riad, con ottima cucina marocchina: il riad Tafilalet.
Mi ha colpita l’ospitalità e l’attenzione di Ibrahim, padrone di casa e cameriere onnipresente con il suo bicchiere di “whisky marocain” (il thè marocchino). Punti di forza il patio in stile marocchino, la gustosa cucina e la suggestiva vista sull’indimenticabile medina di Fès.
www.riadtafilalet.com/site/IMG_0825.

Istanbul, tra est e ovest

Scorrendo il blog mi sono accorta che su Istanbul non ho pubblicato molto e la cosa mi ha abbastanza sbalordita.
Poi sono riuscita a darmi una motivazione. La verità è che faccio fatica a rendere a parole la bellezza e, nello stesso tempo, il mistero di questa capitale europea su un pezzo di terra che è già Asia. E non mi è facile neppure spiegare la gentilezza delle persone che ho incontrato, a partire dalla disponibilità del direttore dell’hotel quando di notte ha dovuto accompagnarmi in 3 commissariati – dopo aver subito il furto del portafoglio, inclusa carta d’identità – pagando addirittura lui il taxi.
Eppure, se date uno sguardo ad alcuni forum, c’è diversa gente scettica su questa città, che affascina ma a volte spaventa.
Istanbul è una capitale che tende infatti alle abitudini europee ma è ancora, secondo me fortunatamente, legata a sentite tradizioni.
Una passeggiata sul ponte di Galata fino ad arrivare alla torre medievale è da fare. Un ponte che pullula di vita, con un esercito di pescatori armati di canna da pesca. Molti consigliano di provare il famigerato panino al pesce in uno dei barconi proprio sotto al ponte… io, lo ammetto, ancora non ho avuto il coraggio di provarne uno.
To be continued…IMG_1969mod copiaIMG_2293copia

La kasbah Ait Ben Haddou

Ore 16:00. Dopo diverse ore di macchina da Merzouga (vedi Marocco: l’Erg Chebbi) ecco finalmente Ait Ben Haddou. Non è semplice descrivere il panorama che, in quel momento, mi si è presentato davanti agli occhi.
Una città fortificata che sembra essere di sabbia, quasi pronta a svanire con un’improvvisa secchiata d’acqua.
Posizionata tra Ouarzazate e Marrakech, Ait Ben Haddou si affaccia su un vasto deserto roccioso dalle tonalità del rosso, del rosa e dell’arancio. Il materiale che in realtà la rende così affascinante non è sabbia ma pisè, un impasto di argilla e paglia cotto al sole. Questo gioiello di architettura, location perfetta di diversi film importanti, come Gesù di Nazareth e Il Gladiatore, mi è entrato dritto nel cuore.
E’ un angolo di mondo troppo speciale per non poter essere visitato.IMG_1363modIMG_1367mod

Il suono del silenzio

Io e il deserto.
Come ci si può sentire infinitamente piccoli e insignificanti di fronte alla maestosità…
Qualsiasi viaggio ti porta a confrontarti con la parte più nascosta di te stesso; quella dell’adattamento, dello stupore, della conoscenza, del timore, dei pregiudizi. Il deserto, in particolare, ti fa scoprire la tua “pochezza”, la tua essenzialità di fronte al mondo e alla sua diversità e, soprattutto, vastità. Sei lì… e sei rapito.

L’infinito vince sul pensiero.IMG_1159mod

La Siria che ho amato part 4

Il silenzio, il mistero della spiritualità, l’accoglienza, il dialogo tra religioni.
Tutto questo ricordo di un luogo speciale. Uno di quei luoghi che forse gli occhi scoprono una volta sola nella vita. Uno di quei luoghi in cui ti senti infinitamente piccolo. Un luogo che spero, un giorno, di ritrovare intatto.
Deir Mar Musa è un monastero situato nel deserto siriano, a circa 80-100 km di macchina da Damasco. Questo luogo di devozione, di dialogo islam-cristiano esiste grazie alla volontà di un grande uomo, il gesuita padre Paolo Dall’Oglio.
Chiunque arrivi fino a questa comunità, un cristiano, un musulmano, un semplice curioso, un pellegrino, un non credente o chi, come me, vorrebbe forse poter incontrare un po’ di più la fede, è accolto con la massima semplicità. Tutti entrano a far parte della quotidianità del monastero, della preghiera, della privazione, del lavoro.
La macchina vi lascia ai piedi del promontorio da cui inizia il sentiero per arrivare al monastero. Una volta arrivati in cima si è colti, o almeno questo è capitato a me, da un iniziale momento di imbarazzo. Mi sono sentita quasi fuori luogo. Mi sono sentita come un ospite lasciato improvvisamente solo in una casa altrui vuota. Qui non si viene trattati da turista, o da ospite servito e riverito. In questo posto si diventa parte integrante della vita del monastero. Si condividono l’acqua, il cibo, i lavori quotidiani, il sonno.
Spero col cuore che un giorno, non troppo lontano, possiate andare a vedere anche voi, con i vostri occhi, la magia unica di questo posto.
Dormire per terra, insieme ad altre persone di tutto il mondo, donne con le donne e uomini con gli uomini, nel silenzio del deserto roccioso che lo abbraccia, nella semplicità, è un privilegio che non tutti hanno nella vita.

Io, per due giorni, sono stata una tra questi privilegiati.
E per darvi un’idea di cosa significhi quel luogo, oltre alle mie foto pubblico un breve (e bel) video trovato per caso su youtube. Sarei felice se lo guardaste. Quella è l’atmosfera che ho respirato. Quella è la spiritualità dalla quale sono rimasta pietrificata. Quella è la voce di Padre Paolo._MG_5650mod_MG_5638mod2_MG_5697mod

La Dubai che non ti aspetti

Adoro trovarmi in posti pieni di contraddizioni e differenze. Mi piace scoprire che dietro una determinata situazione si celi un qualcosa di inaspettato e, alla fine, completamente diverso.
E’ un po’ quello che accade in città tipo Dubai.
Scenari moderni, quasi avveniristici, dove all’apparenza la tradizione sembra non contare molto, o addirittura sparire. Se poi invece ci si muove un po’ si possono scoprire momenti di semplice vita quotidiana.
Un esempio tra tanti… dopo un breve giro al Bur Dubai souq, provate a salire su un’abra, la tipica imbarcazione dubaita che, al costo pochi centesimi, vi consente di attraversare il fiume della città, il cosiddetto Creek, dal quartiere Bur Dubai a quello più antico e semplice Deira.IMG_0328mod

Taxi driver

Diverso tempo fa, parallelamente all’inizio di alcuni dei miei viaggi più importanti, ricordo di essermi chiesta quale fosse la prima vera vetrina di un Paese. Il primo termometro per intenderci.
Il contatto più immediato con la terra in cui sei finito. E dopo un po’ ci sono arrivata.
Gialli, bianchi, rossi, fucsia che siano, quando siamo all’estero rappresentano un po’ l’umore di un Paese: i taxi!
Se ripenso ai miei viaggi in macchina (taxi o passaggi offerti) potrei aprire il cassetto dei ricordi e far uscire fuori gentilezze, storie, fregature, risate, maleducazione, disattenzioni, incomunicabilità… un universo immenso.
Una volta, dopo aver subito il furto della carta d’identità, il tassista si è fatto 4 commissariati scendendo anche lui e cercando di convincere la polizia a farmi subito la denuncia (Turchia); un’altra, mentre eravamo ad un commissariato di notte per fare una denuncia perdita passaporto e iphone (lo so, devo darmi una regolata!!), il conducente dell’hotel che ci aveva accompagnati è entrato con un vassoio per portarmi una bottiglia d’acqua (Thailandia); un’altra ancora, dopo 5 ore di viaggio, ci viene chiesto dall’autista di spacciarci per suoi parenti all’aeroporto (Cuba)… sono tanti i momenti che mi vengono in mente e, tra gli ultimi, ricordo questo viaggio in Turchia.
Eravamo sotto al sole di mezzogiorno, lungo la valle rosa in Cappadocia. Dopo un itinerario di alcuni chilometri a piedi, sulla strada di ritorno, un signore si è offerto di darci un breve passaggio con la sua macchina.
5 passeggeri + 1, in una macchina che poteva contenerne a stento 4. Musica a 90 milioni di decibel, una parola in inglese, una in italiano e una in turco e un bel pugnale a vista sul sedile anteriore.
A lui dedico questo post._MG_7014mod

Quante sono le Chinatown?

Quante Chinatown esisteranno al di fuori della Cina?
Quale sarà la Chinatown più antica e quale la più recente? Forse quasi tutti noi ci siamo ritrovati almeno una volta nella vita in queste “città cinesi”.
L’anno scorso mi è capitato di visitare una delle Chinatown più antiche, quella di Bangkok, nel quartiere di Samphanthawong (raggiungibile tranquillamente con autobus o a piedi, dopo essere sbarcati dal fiume Chao Praya). L’ho visitata ad aprile, uno dei periodi più umidi dell’anno (credetemi, quasi insopportabile), durante il periodo del songkran, il capodanno buddista.
Un groviglio di viuzze, di odori pungenti, negozi stipati e rumori assordanti.
Chinatown a Bangkok è un’esperienza che oserei definire sensoriale. Come anticipato nel post “E finalmente Bangkok…” questo quartiere è l’acme del caos.
Rendersi conto di essere in un angolo cinese nel cuore della capitale della Thailandia è un po’ singolare per chi come me non aveva mai visitato il sud est asiatico. Quello che invece è meno singolare è lo stupore che ha suscitato… mi sono sentita magnificamente spaesata. Perdersi nelle sue vie e nei suoi innumerevoli angoli di mercati è quanto di più divertente e confusionario possa capitarvi.
Dimenticavo, rassegnatevi, i clacson e lo smog vi entreranno fin sotto la pelle.

Consiglio: se avete tempo, non negatevi un foot massage nei piccoli centri estetici/centri massaggi che trovate un po’ ovunque in questo quartiere!!Bastano 30 minuti (e circa 4-5 euro) di massaggio ai piedi per affrontare altri chilometri di cammino._MG_8910mod

Amata Siria, amata Damasco

Nizar Qabbani, siriano, considerato uno dei più grandi poeti arabi, scriveva della mia adorata Damasco: “Non so scrivere su Damasco senza che si intrecci il gelsomino sulle mie dita. Non so pronunciare il suo nome senza che sulla mia bocca si addensi il nettare dell’albicocca, del melograno, della mora e del cotogno. Non so ricordarla senza che si posino su un muretto della memoria mille colombe… e mille colombe volano.”
Io non riesco a non sentire la mancanza di questa terra e il desiderio di rivederla presto.
Questa è la Moschea degli Omayyadi durante il Ramadan nel 2011, non semplicemente un luogo di culto di Damasco, ma una delle più affascinanti moschee al mondo._MG_5326mod

Il lontano Mali

Spesso si finisce con l’accorgersi del fascino di un Paese solo quando sembra essere troppo tardi. D’un tratto si scoprono immagini e angoli nascosti che ti folgorano e che non avresti mai immaginato. E’ un po’ come sta accadendo per il Mali.
E siccome non è questo il posto migliore dove parlare di guerra, o dell’intervento delle forze militari francesi, o dei ribelli, o della strategia di al Qaida forse è più interessante scorrere le immagini di questa terra, pubblicate oggi nell’articolo “Come è fatto il Mali”su Il Post.  http://www.ilpost.it/2013/01/28/foto-mali-timbuctu/this-photo-taken-on-february-9-2005-sh-5/

This photo taken on February 9, 2005, shows the Great Mosque of Djenne in the Niger Delta region  (FRANCOIS XAVIER MARIT/AFP/GettyImages)

This photo taken on February 9, 2005, shows the Great Mosque of Djenne in the Niger Delta region (FRANCOIS XAVIER MARIT/AFP/GettyImages)

Vita desertica

Alcuni pensano che il deserto pre-sahariano sia solo una distesa di sabbia infinita. Nulla invece di più sbagliato. Scendendo da Rissani (vedi post Marocco: alle porte del deserto), prima di arrivare a Merzouga, frontiera dell’Erg marocchino, questa parte desertica del Paese è rocciosa e brulla. La natura sembra volerti preparare alla sabbia, ti lascia la sensazione di volersi protendere verso il deserto. Ed è qui che si scoprono semplici case e una vita genuina e quasi antica.
Un giro in 4×4 è da fare, non semplicemente sulle dune ma anche, e soprattutto, in quelle parti meno battute dove si possono ammirare da vicino alcune case berbere e la vita di chi conosce i segreti del vicino deserto.
Piccolo consiglio “tecnico”. Se fate un giro in jeep con i finestrini aperti, a luglio o agosto, ricordatevi di bere molto!Sempre un banale e scontato consiglio ma con il divertimento e il vento tra i capelli non ci si accorge del notevole effetto disidratante del caldo, con successivi rischi di colpi di calore (da non confondere con i colpi di sole).

…Chissà mai perché elargisco questa tipologia di consigli…IMG_1211modIMG_1181mod

Marocco: alle porte del deserto

Proseguendo verso sud est, sempre lungo il tragitto in macchina di cui ho scritto nei post “marocchini” precedenti, da Fez verso Merzouga (il piccolo villaggio distante una cinquantina di km da Erfoud, ai piedi dell’Erg Chebbi, il vero erg sahariano del Marocco) ci siamo fermati al villaggio di Rissani.
Mi avevano descritto questo paese come terrificante, per via degli stuoli di marocchini che vi si presentano appena arrivate. Probabilmente, se viaggiate da soli, potrebbe essere semplice imbattersi in un’esperienza del genere, spesso frequente in alcuni paesi africani o arabi. Ma noi eravamo accompagnati da un marocchino e non ho provato la stessa sensazione, anzi.
Rissani potrebbe sembrare solo una “terra di passaggio” per arrivare alle dune di Merzouga, quasi una terra di nessuno a dire il vero. In realtà questo villaggio merita una breve visita, proprio per essere un punto di passaggio per beduini e berberi che poi proseguono il loro cammino verso il Sahara.
Un villaggio autentico, forse il Marocco che cercavo e che, d’impatto, mi ha fatto sentire quasi a disagio e fuori luogo.Tale però è stato il desiderio di scoprire un angolo “vero” di questo Paese che ho lasciato alle spalle qualsiasi sensazione negativa, dando spazio solo ad una rispettosa curiosità.
Abbiamo fatto un giro nel souk: date uno sguardo alle bancarelle dedicate ai medicinali e alle erbe e al mercato degli animali.IMG_1117modIMG_1120modIMG_1118mod