La Siria di oggi

La Siria di oggi è estranea ai miei ricordi di una terra maestosa, ospitale, di splendore paesaggistico e architettonico.
Quasi nulla credo sia rimasto di quello che  conservo nei ricordi. Quasi nulla credo sia rimasto alla gente che lì continua a vivere. O forse a sopravvivere.
Chi non ha mai avuto la possibilità (o l’interesse) di visitare un paese arabo/musulmano deve capire che il Califfato, l’ISIS, o anche detto IS, non ha nulla a che vedere con l’Islam. Il Califfato insediatosi in Siria non è la Siria. Si proclama Stato Islamico dell’Iraq e della Siria ma è in realtà un vero e proprio esercito estremista.
E l’estremismo non è l’Islam.
L’estremismo, in ogni parte del mondo, è una radicalizzazione delle scritture sacre (in questo caso, del Corano) con finalità politico-demagogiche e non una religione. Provo rabbia e distanza quando l’ignoranza delle persone scade nel giudicare ciò che non si conosce e nello “stigmatizzare” tutto come musulmano, quasi fosse un’etichetta anziché un aggettivo, come cristiano per fare un esempio. Perché di questo si tratta in molti casi, non di libertà di espressione ma di reale giudizio e pregiudizio.

La Siria non è più se stessa da anni, non lo era già dalla repressione del regime di Assad contro coloro che rivendicavano solo libertà, diritti e dignità.
E se nei miei ricordi i bambini giocavano per le strade di Damasco come ogni altro bambino oggi, molti di quei bambini, vengono “plasmati” dai jihadisti.

E quando poi per anni la violenza diventa quotidiana, si finisce con il dimenticarla e inserirla nell’ordinario perché a noi lontana…
Che poi, a guardarla bene, così lontana non è più._MG_5365

Per te Padre Paolo

Sento di doverti mandare un pensiero. Sembrerebbe tu sia stato rapito da una frangia di al-Qaeda.
Spero con il cuore che non ti succeda nulla e che questo Paese faccia di tutto per riportarti a casa. Anche se la tua casa è ormai anche la Siria. La terra in cui hai sempre creduto, la terra e le persone per cui ti impegni in prima persona. Io sono convinta che ti ritroverò un giorno proprio al monastero di Mar Musa. Dove ci hai accolti due anni fa, dandoci ospitalità, insieme ad altre persone di tutto il mondo. In quella notte incantanta, nel silenzio stellato delle montagne siriane, tra canti di persone tra loro sconosciute e sguardi di chi aveva scoperto un “nuovo mondo”, quello del dialogo e della spiritualità.
A presto Padre Paolo Dall’Oglio.padre paolopadrea paolo2

La Siria che ho visto

Sono tanti i post che ho dedicato a questa terra nel mio blog. Questa terra che ho visto per poco tempo. Questa terra che mi ero promessa di rivedere e rivivere. E ad ogni immagine su giornali e televisione si lega la MIA personale immagine della Siria. Un ricordo che ormai ho sotto pelle…

“…I ricordi, il riversarsi vano di sabbia che si muove senza pesare sulla sabbia, echi brevi protratti, senza voce echi degli addii a minuti che parvero felici…”  (Giuseppe Ungaretti)

Tra Damasco e Mar Musa

Tra Damasco e Mar Musa

La Siria che ho amato part 4

Il silenzio, il mistero della spiritualità, l’accoglienza, il dialogo tra religioni.
Tutto questo ricordo di un luogo speciale. Uno di quei luoghi che forse gli occhi scoprono una volta sola nella vita. Uno di quei luoghi in cui ti senti infinitamente piccolo. Un luogo che spero, un giorno, di ritrovare intatto.
Deir Mar Musa è un monastero situato nel deserto siriano, a circa 80-100 km di macchina da Damasco. Questo luogo di devozione, di dialogo islam-cristiano esiste grazie alla volontà di un grande uomo, il gesuita padre Paolo Dall’Oglio.
Chiunque arrivi fino a questa comunità, un cristiano, un musulmano, un semplice curioso, un pellegrino, un non credente o chi, come me, vorrebbe forse poter incontrare un po’ di più la fede, è accolto con la massima semplicità. Tutti entrano a far parte della quotidianità del monastero, della preghiera, della privazione, del lavoro.
La macchina vi lascia ai piedi del promontorio da cui inizia il sentiero per arrivare al monastero. Una volta arrivati in cima si è colti, o almeno questo è capitato a me, da un iniziale momento di imbarazzo. Mi sono sentita quasi fuori luogo. Mi sono sentita come un ospite lasciato improvvisamente solo in una casa altrui vuota. Qui non si viene trattati da turista, o da ospite servito e riverito. In questo posto si diventa parte integrante della vita del monastero. Si condividono l’acqua, il cibo, i lavori quotidiani, il sonno.
Spero col cuore che un giorno, non troppo lontano, possiate andare a vedere anche voi, con i vostri occhi, la magia unica di questo posto.
Dormire per terra, insieme ad altre persone di tutto il mondo, donne con le donne e uomini con gli uomini, nel silenzio del deserto roccioso che lo abbraccia, nella semplicità, è un privilegio che non tutti hanno nella vita.

Io, per due giorni, sono stata una tra questi privilegiati.
E per darvi un’idea di cosa significhi quel luogo, oltre alle mie foto pubblico un breve (e bel) video trovato per caso su youtube. Sarei felice se lo guardaste. Quella è l’atmosfera che ho respirato. Quella è la spiritualità dalla quale sono rimasta pietrificata. Quella è la voce di Padre Paolo._MG_5650mod_MG_5638mod2_MG_5697mod

Amata Siria, amata Damasco

Nizar Qabbani, siriano, considerato uno dei più grandi poeti arabi, scriveva della mia adorata Damasco: “Non so scrivere su Damasco senza che si intrecci il gelsomino sulle mie dita. Non so pronunciare il suo nome senza che sulla mia bocca si addensi il nettare dell’albicocca, del melograno, della mora e del cotogno. Non so ricordarla senza che si posino su un muretto della memoria mille colombe… e mille colombe volano.”
Io non riesco a non sentire la mancanza di questa terra e il desiderio di rivederla presto.
Questa è la Moschea degli Omayyadi durante il Ramadan nel 2011, non semplicemente un luogo di culto di Damasco, ma una delle più affascinanti moschee al mondo._MG_5326mod

La Siria che ho amato part 3

Il colore del deserto che si riflette sull’antichità, su una città morta. Morta nella storia, ma non nel fascino che continua ad esercitare su tutti quelli che hanno avuto la possibilità di vederla. Un patrimonio che compare improvvisamente dal nulla, dopo poco più di due ore circa da Damasco, manifestandosi nella sua imponenza e maestosità (vedi post precedente).
Solo l’idea che l’Eufrate si trovi a qualche centinaio di chilometri mi fa venire la pelle d’oca.
Una città che è stata il fulcro delle attività commerciali tra Oriente e Occidente, distrutta prima da un incendio e poi da un terremoto, e che oggi conserva strade colonnate, archi, tombe a torre, anfiteatri.

Dopo aver visitato le principali rovine di Palmira (vedi La Siria che ho amato part 2), riprendendo la macchina per pochissimi km (il sole era troppo forte per farlo a piedi e la temperatura di quasi 47°) si arriva alla necropoli di Palmira.
Un paesaggio affascinante con tombe ipogee, scavate nella terra o a torre. Per me la più suggestiva è stata sicuramente quella di Elahbel che presenta bellissimi bassorilievi.

Cara Siria, spero un giorno di poterti rivedere nel tuo splendore, quello splendore che ora lascia spazio solo a vergognose atrocità._MG_5517mod_MG_5509mod_MG_5512mod

Una coperta di neve

Fortuna che a volte la natura aiuta a tornare un po’ bimbi. La neve con il suo candore, il suo silenzio, la sua purezza, riesce a tirare fuori un senso di incanto in tutti noi, spesso distogliendo per un po’ l’attenzione da tensioni e negatività e regalando un breve momento di serenità. E questo sembra essere successo in Siria e Israele, dove la natura ha fatto svegliare le bellissime città di Damasco e Gerusalemme sotto una coperta bianca, ovattata e soffice. Date uno sguardo a queste immagini prese sul sito di sky.it…  siria_neve_damasco_01http://tg24.sky.it/tg24/mondo/photogallery/2013/01/10/neve_medioriente_siria_damasco_israele.html#0

La Siria che ho amato part 2

E dopo avervi accompagnato per le strade di Damasco, nel primo post La Siria che ho amato part 1, ci spostiamo a circa 200 km dalla città.
In un luogo che oggi (o che forse dovrei definire ieri per quello che sta accadendo in questa terra) sembra quasi un miraggio, una distesa di maestose rovine che prendono vita nel deserto, ma che durante l’Impero Romano davano vita ad una delle metropoli commerciali più importanti di questa area del mondo: Palmira. Tappa obbligatoria delle rotte che collegavano l’Oriente all’Occidente (l’Impero Romano), Palmira fu un’importante città della Siria, posta in un’oasi vicina all’Eufrate.
Ognuno di noi si è imbattuto in resti monumentali romani. Noi italiani siamo circondati da “romanità” ma, credetemi, per quanto si possa aver visto, si rimane sorpresi dall’innumerevole presenza di templi e colonne presenti in questo spazio enorme.
A Palmira è possibile girare tranquillamente e autonomamente tra resti di ogni tipo, senza la folla di turisti che caratterizza invece altri siti archeologici di questo tipo (vedi ad esempio Petra, in Giordania, di cui vi ho già parlato).

Da vedere sicuramente il teatro romano, la via colonnata e l’arco posizionato proprio alla fine di questa strada e il santuario di Bel._MG_5543-001mod_MG_5518mod_MG_5535mod

La Siria che ho amato part 1

Provo un po’ di malinconia nel parlarvi di questo Paese che ho amato dal momento in cui abbiamo varcato la frontiera in macchina, dal Libano. Provo tristezza, delusione e rabbia perché siamo spettatori inermi di una strage quotidiana che imperversa in questa terra. Provo vergogna. Provo amarezza perché molte atrocità neppure arrivano qui in occidente. Provo timore di non poterla più rivedere nel suo splendore, nella sua accoglienza, nella sua semplice ed ingenua maestosità. Mi ero promessa che nel 2011 sarei tornata in questa terra, la Siria, perché 5 giorni sono stati troppo pochi per viverla come deve essere vissuta. Cosi non è stato e, forse, non sarà per diverso tempo. Ma voglio poterla ricordare e farvela vedere con lo sguardo incantato che le avevo riservato. Voglio presentarla a chi non ha mai avuto la possibilità (o forse neanche l’interesse) di visitarla. Da oggi, inizia su questo blog un piccolo viaggio in Siria!
Damasco è considerata la città più antica al mondo. E questa sua importante storia ed eredità la si percepisce in ogni piazza, in ogni strada, in ogni monumento. La città vecchia è abbracciata da mura romane che circondano alcuni gioielli che vale (valeva) davvero la pena visitare come il Souq al-Hamidiyeh, caotico e allegro, e la moschea degli Omayyadi, che si trova proprio di fronte all’uscita del bazar.
La cosa che più mi ha colpita di questa città è stata la tranquillità che si respirava, la gentilezza dei damasceni, la fierezza e la convivenza pacifica di religioni diverse.

Nel prossimo post un altro tesoro siriano: l’antica città di Palmira…
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Ma l’attualità non va mai dimenticata… per questo vi segnalo un servizio fotografico uscito su Il Post “Com’è fatto un campo profughi siriano”   http://www.ilpost.it/2012/12/12/come-fatto-un-campo-profughi-siriano/syrische-fluechtlinge-15/